Nell’abrogarne la pregressa disciplina il D.Lgs. n. 81 del 15 giugno 2015, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 144 del 24 giugno 2015, S.O. n. 34 di riordino dei contratti di lavoro non elenca più le tipologie di lavoro a tempo parziale che possono essere stipulate in alternativa al contratto di lavoro a tempo pieno, intendendo per tale l’orario normale di lavoro di cui all’art. 3, comma 1, del D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, o l’eventuale minor orario normale fissato dai contratti collettivi applicati.

Pur tuttavia, non pare in discussione che si consideri a tempo parziale l’orario di lavoro, fissato dal contratto individuale, cui è tenuto il lavoratore, che risulti comunque inferiore a quello indicato nella lettera a) e che si sviluppi secondo una delle seguenti modalità lavorative che la pregressa esperienza ci ha consegnato:

  • «rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale»: quello in cui la riduzione di orario rispetto al tempo pieno è prevista in relazione all’orario normale giornaliero di lavoro;
  • «rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale»: quello in cui è previsto che l’attività lavorativa sia svolta a tempo pieno ma limitatamente a periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell’anno;
  • «rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo misto»: quello che si svolge secondo una combinazione delle modalità sopra indicate.

Il contratto deve essere stipulato per iscritto ai fini della prova e deve contenere la puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione dell’orario di svolgimento della stessa con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno.

Quando l’organizzazione del lavoro è articolata in turni, tale indicazione può avvenire anche mediante rinvio a turni programmati di lavoro articolati su fasce orarie prestabilite. Peraltro, in difetto di prova, su domanda del lavoratore il rapporto di lavoro è dichiarato essere a tempo pieno, ferma restando per il periodo precedente alla pronuncia giudiziale il diritto alla retribuzione ed ai contributi per le prestazioni effettivamente rese.

Viene meno il distinguo fra part-time orizzontale e verticale e il datore di lavoro può richiedere lo svolgimento di prestazioni di lavoro supplementare, oltre l’orario di lavoro concordato fra le parti ed entro il limite del tempo pieno.

E’ demandato alla contrattazione collettiva (di qualsivoglia livello) stabilire il numero massimo delle ore di lavoro supplementare effettuabili, nonché le conseguenze del suo superamento e l’eventuale maggiorazione della retribuzione da corrispondere per le ore lavoratore oltre l’orario stabilito nel contratto individuale. L’effettuazione di prestazioni di lavoro supplementare richiede il consenso del lavoratore interessato ove non prevista e regolamentata dal contratto collettivo, fermo restando che qualora il contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro non preveda e regolamenti il lavoro supplementare, il datore di lavoro può richiedere al lavoratore lo svolgimento di prestazioni di lavoro supplementare in misura non superiore al 15 per cento delle ore di lavoro settimanali concordate. In tale ipotesi il lavoro supplementare è retribuito con una percentuale di maggiorazione sull’importo della retribuzione oraria globale di fatto pari al 15 per cento, comprensiva dell’incidenza della retribuzione delle ore supplementari sugli istituti retributivi indiretti e differiti.

La nuova disciplina abbandona i distinguo fra le diverse forme di lavoro a tempo parziale anche per quanto riguarda il lavoro straordinario e stabilisce il principio che “Nel rapporto di lavoro a tempo parziale è consentito lo svolgimento di prestazioni di lavoro straordinario, così come definito dall’art. 1, comma 2, lettera c), del D.Lgs. n. 66 del 2003”.

Inoltre, nel rispetto di quanto previsto dai contratti collettivi, le parti del contratto di lavoro a tempo parziale possono pattuire, per iscritto, clausole elastiche relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione lavorativa ovvero relative alla variazione in aumento della sua durata. In tal caso, il lavoratore ha diritto a un preavviso di due giorni lavorativi, fatte salve le diverse intese tra le parti, nonché a specifiche compensazioni, nella misura ovvero nelle forme determinate dai contratti collettivi.

Qualora il contratto collettivo applicato non disciplini le clausole elastiche queste possono essere pattuite per iscritto dalle parti avanti alle commissioni di certificazione, con facoltà del lavoratore di farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro.

Le clausole elastiche prevedono, a pena di nullità, le condizioni e le modalità con le quali il datore di lavoro, con preavviso di due giorni lavorativi, può modificare la collocazione temporale della prestazione e variarne in aumento la durata, nonché la misura massima dell’aumento, che non può eccedere il limite del 25 per cento della normale prestazione annua a tempo parziale. Le modifiche dell’orario di cui al secondo periodo comportano il diritto del lavoratore ad una maggiorazione del 15 per cento della retribuzione oraria globale di fatto, comprensiva dell’incidenza della retribuzione sugli istituti retributivi indiretti e differiti.

Si conferma che il rifiuto del lavoratore di concordare variazioni dell’orario di lavoro non costituisce giustificato motivo di licenziamento così come non costituisce giustificato motivo di licenziamento il rifiuto del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale o viceversa.

La trasformazione del rapporto di lavoro deve, comunque avvenire su accordo delle parti, fermo restando il diritto del lavoratore affetto da gravi patologie di ottenere la conversione del contratto.

Del tutto nuova è la possibilità per la lavoratrice madre o il lavoratore padre di può chiedere, per una sola volta, in luogo del congedo parentale od entro i limiti del congedo ancora spettante a norma del D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, purché con una riduzione d’orario non superiore al 50 per cento. Il datore di lavoro è tenuto a dar corso alla trasformazione entro quindici giorni dalla richiesta.

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